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Comunicato CDC: la crisi Lucchini interessa l’intero territorio ma a Campiglia non se ne discute

Marzo 23, 2014
In Economia & Lavoro, Territorio & Ambiente
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Le inadempienze di Rebrab sono clamorose, ma altrettanto sono le responsabilità delle PD

 Le notizie sulla vendita dello stabilimento Lucchini destano non poche preoccupazioni per il futuro di migliaia di lavoratori e per l’economia dell’intera Val di Cornia. Da tempo avevamo chiesto al Sindaco seguire la vicenda e di farne partecipe il Consiglio Comunale. In realtà, dopo una comunicazione dei rappresentanti sindacali alla fine del 2013, il Consiglio Comunale di Campiglia non è stato più coinvolto. Non ha mai discusso dei difficili problemi della Lucchini, dell’ampliamento del porto, dell’individuazione dell’area di crisi industriale e dei programmi per affrontarla. Tutto è rimasto confinato a Piombino.

La prima considerazione è che le sorti dello stabilimento siderurgico non interessano solo Piombino, ma l’intera Val di Cornia e oltre. Da qui provengono molti degli occupati della Lucchini e dell’indotto ed era del tutto logico che tutte le istituzioni prendessero parte alla discussione, non limitandosi solo a testimoniare solidarietà ai lavoratori.

La seconda considerazione è che sarebbe servito un ruolo attivo dei Comuni dell’area per individuare processi di reindustriliazzazione e diversificazione produttiva. Le risposte alla crisi industriale non potranno venire solamente dal comparto siderurgico. In realtà si è scelto di circoscrivere a Piombino i confini della crisi. E’ una scelta che non condividiamo perché la Val di Cornia può contribuire al riuso delle aree industriali piombinesi, come può contribuire allo sviluppo di altri comparti produttivi. Tra questi non ci sembrano irrilevanti, ad esempio, il comparto dell’industria agroalimentare, al momento del tutto trascurata, o la logistica connessa ai traffici portuali. Di questo non si è mai discusso. Sono stati persi anni preziosi.

La terza considerazione riguarda il porto. E’ stato deciso di destinare oltre 100 milioni di euro per la realizzazione di una grande opera marittima di cui non si è mai discusso nei Comuni che, mentendo, continuano a raccontare di aver pianificato insieme il territorio. Per di più restano tutt’oggi molto vaghe le sue finalità. In origine è stato detto che serviva per accogliere la “Concordia”, poi si è parlato di opere funzionali al rilancio della siderurgia, poi del polo europeo per la rottamazione delle navi e infine anche di possibili utilizzi per fini croceristici. Ci permettiamo di rilevare uno serio stato di confusione che è bene non avere quando si realizzano opere pubbliche, tanto più se richiedono investimenti così ingenti sottratti ad altri programmi.

In realtà sono stati persi anni preziosi nei quali, senza mai approfondire i progetti, sono state rincorse soluzioni miracolistiche in un ottica sempre più circoscritta al Comune di Piombino, con il tacito assenso di tutti gli altri Comuni. Troppe volte è stata omessa la verità e la verifica tra ciò che si diceva e ciò che si faceva. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non pensiamo che le soluzioni siano semplici, ma è certo che la strada seguita da chi ha governato ha indebolito la coesione del territorio e la ricerca di possibili soluzioni.

22 marzo 2014.

Comune dei Cittadini

Sulla stampa:

«Acciaierie, la Val di Cornia non può far finta di nulla»
«LA CRISI interessa l’intero territorio, ma se ne discute solo a Piombino». Così Comune dei Cittadini che interviene sulla vicenda Lucchini. «Le notizie sulla vendita dello stabilimento Lucchini destano non poche preoccupazioni per il futuro di migliaia di lavoratori e per l’economia dell’intera Val di Cornia. Da tempo avevamo chiesto al sindaco di seguire la vicenda e di farne partecipe il Consiglio Comunale. In realtà, dopo una comunicazione dei rappresentanti sindacali alla fine del 2013, il Consiglio Comunale di Campiglia non è stato più coinvolto. Non ha mai discusso dei difficili problemi della Lucchini, dell’ampliamento del porto, dell’individuazione dell’area di crisi industriale e dei programmi per affrontarla. Tutto è rimasto confinato a Piombino. La prima considerazione è che le sorti dello stabilimento siderurgico non interessano solo Piombino, ma l’intera Val di Cornia e oltre.
DA QUI provengono molti degli occupati della Lucchini e dell’indotto ed era del tutto logico che tutte le istituzioni prendessero parte alla discussione, non limitandosi solo a testimoniare solidarietà ai lavoratori. La seconda considerazione è che sarebbe servito un ruolo attivo dei Comuni dell’area per individuare processi di reindustriliazzazione e diversificazione produttiva. In realtà si è scelto di circoscrivere a Piombino i confini della crisi. E’ una scelta che non condividiamo perché la Val di Cornia può contribuire al riuso delle aree industriali piombinesi, come può contribuire allo sviluppo di altri comparti produttivi. La terza considerazione riguarda il porto. E’ stato deciso di destinare oltre 100 milioni di euro per la realizzazione di una grande opera marittima di cui non si è mai discusso nei Comuni.
Per di più restano tutt’oggi molto vaghe le sue finalità. In realtà sono stati persi anni preziosi nei quali, senza mai approfondire i progetti, sono state rincorse soluzioni miracolistiche in un ottica sempre più circoscritta al Comune di Piombino, con il tacito assenso di tutti gli altri Comuni».
La Nazione 23.03.2014

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Tags: ComunicatiRassegna stampa
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