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Dibattito fusione dei comuni: l’ex Sindaco Pazzagli risponde a Benedettini

Aprile 10, 2013
In Servizi Pubblici, Territorio & Ambiente
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«LE ALTERNATIVE alla fusione ci sono e le indica la legge». Rossano Pazzagli ex sindaco di Suvereto, contrario alla fusione dei due comuni, replica all’assessore campigliese Gianfranco Benedettini. «È bene interrogarsi – come invita a fare Benedettini – sulle alternative al progetto sbagliato di fusione dei Comuni, che cancellerebbe Suvereto e Campiglia. Le alternative ci sono e le indica la legge – dichiara Pazzagli – sono pronto a dare una mano, gratis e senza volere niente in cambio». Due le soluzioni principali e altre secondarie, spiegate da Pazzagli.

«LA PRIMA: sarebbe sufficiente fare ciò che prevede la legge nazionale, cioè associare le funzioni e i servizi fondamentali, tra due o più comuni. Si può fare in un mese, se ci fosse la volontà politica, e i comuni sarebbero salvi, i servizi sarebbero mantenuti così come il diritto dei cittadini ad essere rappresentati. La seconda: promuovere l’unione dei cinque comuni, riprendendo il cammino unitario della Val di Cornia irresponsabilmente interrotto. Si tratta di uno strumento previsto dalla legge nazionale – continua – e incentivato da quella regionale. Permetterebbe lo svolgimento associato di funzioni e servizi senza cancellare l’autonomia dei singoli comuni. Secondo la legge regionale n. 68 sarebbe proprio questa la soluzione da preferire, poiché la Val di Cornia è individuata dalla stessa legge come ambito ottimale (il n. 19) del riordino istituzionale. Questa soluzione richiederebbe un po’ più tempo (circa 6 mesi), ma è quella più praticata in Toscana, dove già 145 comuni hanno fatto l’unione, mentre nessuno finora ha fatto la fusione.

L’UNIONE sarebbe incentivata dalla Regione e gli incentivi andrebbero ai comuni soci, mentre nel caso della fusione i soldi non arriverebbero più ai comuni cancellati, ma al nuovo comune. Quindi le piccole realtà sarebbero penalizzate. Se servono soldi, cominciamo col recuperare entrate, non dai cittadini, ma dalle aziende che gestiscono i servizi, che strangolano i comuni anziché essere al loro servizio, come l’Asa ad esempio che mantiene un grosso debito col Comune. Inoltre ci si avvalga della cosiddetta “centrale unica di committenza” (L. 201/2011) per l’acquisizione di lavori, beni e servizi, superando così il sistema di frammentazione degli appalti e riducendo i costi di gestione delle procedure. Poi, se ci sono alcuni servizi in particolare difficoltà, è possibile mettere in campo da subito altri strumenti ancora: accordi specifici (ad esempio sull’asilo, il trasporto scolastico, la viabilità, la gestione del personale, la statistica, ecc.) che consentano di ottimizzare e rendere più efficiente la spesa. Li abbiamo già praticati in passato, e potrebbero andare ancora bene. Come si vede le soluzioni non mancano, senza bisogno di chiudere i Comuni. Però i sindaci aprano una discussione su tutte le soluzioni possibili, invece di fissarsi unicamente sulla fusione».

La Nazione 10.04.2013

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