A guardarla caso per caso, non si tratta che di una cifra pari a poche decine di euro, qualche centinaio per quanto riguarda le aziende. Forse per questo per i cittadini e imprese vale soprattutto la questione di principio, visto che la sua restituzione è la diretta conseguenza di quel 95,80 % di voti con cui il Paese, nel 12 e 13 giugno del 2011, disse sì al secondo dei quesiti del referendum su servizi idrici e nucleare. E cioè: l’abrogazione parziale della norma che stabiliva la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, nella parte in cui prevedeva che l’importo includesse anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. Quella quota, detta semplicemente “quota per il capitale investito” corrispondeva a un rincaro del 7% richiesto agli utenti direttamente sulla propria bolletta: percentuale che adesso, in virtù del parere espresso dal Consiglio di Stato in un sentenza del 25 gennaio (pubblicata il 30), cittadini e aziende potranno recuperare. Come ancora non è stato stabilito, ma è certo che la cifra, che corrisponde al 10% circa delle bollette, è stata impropriamente versata dagli utenti e come tale dovrà essere rimborsata.
Da quando? Dal 21 luglio del 2011, ovvero dalla data di entrata in vigore del referendum. Da quel momento in poi, sostiene l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, le tariffe dovevano essere modificate eliminando la voce sul capitale investito: ciò non è accaduto e il risultato è stata la proposta d’esame dell’Autorità al Consiglio di Stato, che a tal proposito si è pronunciato appunto una settimana fa. La stessa Autorità adesso dovrà stabilire importo e modalità di rimborso. Allo stato attuale delle cose, è nota solamente la volontà di seguire i criteri già utilizzati per la definizione del Metodo tariffario transitorio che copre il biennio 2012-13 e che già prendere in considerazione gli effetti del referendum, ma fatto sta che cifre e modalità ancora non sono state fissate e dunque ancora non è chiaro se questi soldi faranno la loro ricomparsa direttamente in bolletta o se verranno restituiti per conto proprio.
«In realtà la questione non è così importante – sottolinea Adriano Bruschi, presidente Legambiente Piombino-Val di Cornia – L’importante è non togliere impropriamente soldi dalle tasche dei cittadini e delle aziende. Quello che accadrà adesso è difficile da capire, ma in teoria dovrebbero arrivare questi rimborsi. Io mi accontenterei che comunque la quota fosse restituita, non importa poi come». Un risultato, che, aggiunge Bruschi è importante soprattutto dal punto di vista politico: «Sì, perché fino a oggi le più importanti formazioni politiche nazionali hanno taciuto su questo punto oppure, addirittura, hanno fatto il possibile affinché i cittadini dovessero continuare a versare questa quota». A questo proposito Legambiente ha già fatto i propri passi. «Anche come comitato abbiamo chiesto a tutti i partiti politici in lizza di pronunciarsi a questo proposito.
Ma finora pochi hanno risposto. Quando invece non è possibile che la politica chiuda gli occhi di fronte a questa novità». Ma che ne pensa invece Asa, che è la società che si occupa dell’erogazione dell’acqua sul nostro territorio. «Sia bene inteso – specifica Fabio Baldassarri, presidente del Comitato di vigilanza dell’azienda – io sostengo che l’acqua debba essere pubblica, come di fatto è in Italia, visto che poi le tasse si pagano alle aziende di gestione, miste pubblico-private, su tariffe stabilite dall’Ato. Però dal punto di vista aziendale, il concetto fondamentale è creare un equilibrio tra uscite ed entrate. Si tratta di una sentenza del Consiglio di Stato e in quanto tale va accettata pienamente. Ma allo stesso tempo ci devono anche dire questi soldi che vengono tolti da dove debbono rientrare. Sulle modalità la questione è tra Authority e Ato, che dovrà stabilire gli importi: a noi va bene tutto, basta che ce lo facciano sapere».
Melisanda A. Massei
Il Tirreno 04.02.2013