Una situazione del genere, con tanto di rischio razionamento alle porte, non si vedeva nientemeno che dal 1946. La Toscana, adesso indicata come la regione più asciutta d’Italia, era appena uscita dalla guerra e la gente, si racconta, poteva passeggiare nel letto dell’Arno addirittura nel centro di Firenze, dove al di là dei parapetti il paesaggio sembrava più simile a quelli lunari fotografati dalle missioni della Nasa piuttosto che alla distesa d’acqua che tutti conosciamo. «Guardi che l’aspetto sarebbe esattamente lo stesso anche in questi giorni se non ci fosse l’afflusso dall’invaso del Bilancino – spiega Bernardo Mazzanti, dirigente tecnico dell’Autorità di bacino, la struttura che ogni giorno tasta il polso del fiume -. Sì, perché la situazione è in assoluto una delle peggiori mai registrate storicamente, almeno da quando si fanno questo tipo di misurazioni, cioè dal 1916 in poi. Le cito solo pochi dati riferiti agli ultimi dodici mesi, quelli cioè compresi tra ora e marzo 2011: in totale, sull’area del fiume, sono caduti 593 millimetri di pioggia, poco di più proprio del 1946 quando furono invece appena 574; bene, la media dello stesso periodo si aggira intorno ai mille. Ovvio che si stia creando una situazione di emergenza idrica che vede particolarmente penalizzati fiumi come il Greve e il Pesa ed in generale gli affluenti della parte sinistra, cioè quella verso sud. Difficoltà vengono registrate anche in Valdera».
Allarme quasi rosso. Beh, dopo tanti allerta passati un po’ sotto traccia, ci voleva un cardinale come Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, a sollevare il problema chiedendo una preghiera per far scendere la pioggia (ne parliamo nella pagina accanto): un intervento che ha acceso tutti i riflettori disponibili sul problema siccità, un’emergenza che Erasmo D’Angelis, presidente di Publiacqua, la società che assicura il servizio idrico a 49 comuni dell’area che comprende Firenze, Prato, Pistoia e parte della provincia di Arezzo, definisce «appena sotto l’allarme rosso». Anche D’Angelis, alla nostra richiesta di aiutarci a fare il punto della situazione, risponde con cifre decisamente esplicite: «Normalmente in questo periodo il bacino del Bilancino contiene 70 milioni di metri cubi d’acqua – spiega – ed invece adesso ce ne ne sono appena 37, poco più di un terzo della sua capienza complessiva. Inoltre, la portata dell’Arno è pari a un decimo di quella normale relativamente alla stagione. Considerando che per tutta una serie di ragioni non si può mai scendere al di sotto dei 10 milioni di metri cubi, la riserva è quindi di 27. Questo significa che possiamo ancora affrontare la richiesta attuale, ma che, senza piogge, con una necessità che da giugno a settembre si aggira intorno ai 7 milioni di metri cubi al mese, arriveremmo a malapena alla fine dell’estate. Insomma, mancano all’appello 70-80 giorni di precipitazioni invernali ed in difficoltà, attualmente, ci sono soprattutto le frazioni collinari intorno a Prato o Firenze dove si è sempre andati avanti con i pozzi (ora vuoti) per lavarsi e l’acqua minerale per bere: da qualche mese stiamo infatti registrando un boom costante delle richieste di allacciamento alla rete».
Agricoltura in ginocchio. E mentre il climatologo Giampiero Maracchi lascia poche speranze anche nel caso dell’arrivo di piogge insistenti («Il rischio razionamento è reale perché quelle che contano sono le precipitazioni invernali che riempiono pozzi, fiumi ed invasi, mentre l’acqua che cade adesso viene dispersa dall’evaporazione», spiega), gli effetti peggiori, per adesso, sono riservati al mondo dell’agricoltura. Come spieghiamo anche a parte, Coldiretti sottolinea infatti che i maggiori problemi, se la situazione non cambierà, saranno per i cereali, per gli olivi, per gli ortaggi, oltre agli stessi allevamenti, visto che i pascoli sono sempre più secchi. Per il grano in particolare, aggiungono dalla più grande organizzazione del settore, la previsione è di un drastico abbattimento della produzione che potrebbe arrivare fino alla riduzione di almeno la metà, con la perdita di una cifra oscillante tra i 50 ed i 60 milioni di euro. Sindrome Sahara. Non tutta la regione è comunque nella stessa situazione, anche se certe immagini, come quelle dei letti del fiume Cecina o del Cornia, completamente asciutto nei pressi di Venturina, fanno davvero pensare ad una “sindrome da deserto”.
All’Asa di Livorno, società che serve tutta la provincia, più che per il capoluogo sono preoccupati proprio per la Val di Cornia, ma in particolare per l’Elba: isola, viene sottolineato dalla stessa azienda, dove la popolazione, con l’arrivo dei turisti, passera in estate da 32mila residenti ad una media di 300mila presenze complessive giornaliere, con i problemi di approvvigionamento che si possono immaginare. Ma se non pioverà nei prossimi due o tre mesi, aggiungono all’Asa, «dovremo prendere in considerazione il fatto di eseguire dei razionamenti. Nel frattempo non possiamo che invitare la cittadinanza di tutto il territorio che serviamo a utilizzare l’acqua in modo razionale, evitando ad esempio di usare quella che arriva dall’acquedotto per irrigare giardini o campi, riempire piscine o magari lavare le automobili».
Sprechi nel mirino. Una forma di prevenzione che, come sottolinea il presidente Ermindo Tucci, ha gia portato Gaia, azienda che serve in particolare la Versilia, a ridurre la pressione nella rete a Lido di Camaiore, Marina di Pietrasanta e Viareggio, invitando anche gli utenti ad un uso consapevole del prezioso liquido, magari preferendo la doccia al bagno od evitando di lasciare semplicemente aperto il rubinetto mentre ci si lavano i denti. Invito quanto mai opportuno visto che, come sottolinea ancora De Angelis, il consumo quotidiano d’acqua di ogni toscano arriva alla ragguardevole cifra di oltre 220 litri.
Stefano Bartoli
Il Tirreno 30.03.2012
Irrigazioni, rischio razionamenti
La siccità fa registrare un record negativo e la fotografia del fiume Cornia già a secco all’inizio della primavera ne è una prova. Il 2011 è stato sicuramente l’anno meno piovoso degli ultimi quindici anni e in questo inizio di 2012 la poca pioggia è caduta a macchia di leopardo.
È chiaro che a farne le spese sarà soprattutto il settore agricolo, messo in ginocchio dalla crisi economica, poi dal ghiaccio e adesso dalla siccità. «Quest’anno la gestione dell’acqua sarà molto difficile – spiega Giancarlo Vallessi, commissario del Consorzio di bonifica dell’Alta Maremma – Proprio per questo motivo il Consorzio, insieme alla Confederazione agricoltori, ha indetto un incontro, che si terrà lunedì prossimo, per sensibilizzare maggiormente le aziende agricole a un uso quanto più possibile razionale dell’acqua». La crisi idrica, da molti sottovalutata, rischia di mettere in discussione il servizio idrico che il Consorzio dovrà fornire nei prossimi mesi. «Non vogliamo creare allarmismi – puntualizza Vallesi – ma cercare di fare riflettere.
L’assenza di piogge ha comportato un calo della portata delle sorgenti che alimentano gli impianti irrigui gestiti dal Consorzio di un terzo inferiore rispetto agli altri anni. Il Consorzio oggi si vede dunque costretto a rivedere e riprogrammare le proprie attività – prosegue Vallesi – Attualmente abbiamo in gestione i laghetti di Riotorto, l’impianto multifunzionale della Gera di Suvereto, il primo e il secondo comparto irriguo della Fossa Calda di Venturina. La situazione è particolarmente critica proprio per quanto riguarda le sorgenti che alimentano il comparto della Fossa Calda. I bacini di raccolta a nostra disposizioni rispondono al fabbisogno idrico di 150 aziende agricole per una superficie complessiva di circa 1000 ettari». Questi impianti, immagazzinando acqua piovana e rilasciandola in periodi di siccità, rappresentano soltanto una delle soluzioni al problema dell’irrigazione in Val di Cornia. Senza dei provvedimenti specifici, il rischio è quello di un’estate di razionamenti d’acqua. «Per evitarlo – dice Vallesi – non solo agricoltori, ma tutti i cittadini dovrebbero fare uno sforzo per modificare le proprie abitudini pensando al modo migliore per sprecare meno acqua possibile».
Consigli utili. È buona norma, per esempio, utilizzare lavastoviglie e lavatrici soltanto a pieno carico: una famiglia può risparmiare fino a 11mila litri in un anno. Con la quantità di acqua necessaria per fare un bagno, un uomo può farsi almeno tre docce. Lasciare chiusi i rubinetti quando ci si sta insaponando le mani o spazzolando i denti. Lavare la verdura in una bacinella permette di risparmiare l’acqua e di utilizzare la parte restante per innaffiare il giardino.
Quest’ultimo trattiene solo l’acqua che gli serve e disperde l’eccesso, quindi innaffiarlo soltanto quando ne ha veramente bisogno. Preferibilmente la mattina presto o al tramonto. Lavare le autovetture con un secchio, piuttosto che con acqua corrente, consente un risparmio di 130 litri ad ogni lavaggio.
Serena Insero
Il Tirreno 30.03.2012