Premesso che
il Gruppo scrivente ritiene il museo della civiltà del lavoro uno straordinario patrimonio oggi tutt’altro che valorizzato,
Ritenuta
la prolungata chiusura del padiglione dove son custodite le testimonianze della civiltà del lavoro di questo territorio, un danno notevole per la comunità.
Considerata la necessità contingente di rendere di nuovo fruibile al più presto la struttura e strategica di costruire un contesto di valorizzazione della mostra che ne metta in risalto al meglio il valore,
Il Gruppo 2019 chiede
Quali interventi siano necessari per riaprire il museo della civiltà e del lavoro, quali cause impedienti li abbiano resi impraticabili e quali impegni economici comportino a carico dell’Ente;
Quale strategia di valorizzazione del patrimonio si voglia attuare al di là della riapertura della mostra negli attuali locali.
Con osservanza
Per il Gruppo 2019
Nicola Bertini
RISPOSTA DELL’AMMINISTRAZIONE ALL’INTERPELLANZA DEL GRUPPO 2019 SUL “MUSEO DELLA CIVILTÀ DEL LAVORO”
(Consiglio Comunale del 27/9/2019)
PREMESSA
Il 6 dicembre 1993, fu stipulata una “Convenzione per la gestione del Museo del Lavoro e strutture complementari”, della durata di trent’anni, tra il Comune di Campiglia Marittima, la CE.VAL.CO S.p.a. ed il Comitato Cittadino, con la quale la CE.VAL.CO S.p.a. cedeva in uso gratuito al Comune di Campiglia Marittima la struttura già adibita a “Museo della Civiltà del Lavoro” in cambio del riconoscimento di un contributo annuo di lire 100.000.000 per 10 anni (art. 6).
Nello stesso articolo della convenzione, il Comune di Campiglia Marittima si accollava tutte le opere e le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria. Al contempo, il Comune di Campiglia Marittima affidava (art. 7) al Comitato Cittadino la gestione del patrimonio storico derivante dalla donazione Lazzerini.
Al momento dell’affidamento fatto dal Comune di Campiglia Marittima al Comitato Cittadino, la struttura era regolarmente dotata di tutta la documentazione necessaria alla prevenzione antincendio, secondo le normative allora vigenti.
Alla data di scadenza della suddetta certificazione, nacque però una controversia tra le parti. Il Comitato Cittadino sosteneva che le spese relative al rinnovo del certificato di prevenzione incendi (CPI) dovessero essere sostenute dal Comune di Campiglia Marittima, mentre gli uffici comunali interpellati ritenevano che i costi di rinnovo, non trattandosi in alcun modo di manutenzione straordinaria né ordinaria, ricadessero sul Comitato Cittadino, secondo quanto stabilito dal DPR 151 del 1 agosto 2011, che individua nel gestore dell’attività e non nel proprietario dell’immobile il soggetto tenuto ad adempiere agli obblighi di legge e a sostenere direttamente le relative spese.
Il Comitato Cittadino si rifiutò quindi di rinnovare il CPI ed il “Museo della Civiltà del Lavoro” fu chiuso al pubblico per mancanza della certificazione antincendio.
PERTANTO
Gli interventi necessari per permettere la riapertura del “Museo della Civiltà del Lavoro”, allo stato attuale, consistono in linea di massima nella messa a norma della struttura rispetto ai requisiti richiesti dall’attuale normativa per il rilascio della certificazione di prevenzione incendi.
Le cause impedienti che li hanno resi fino ad ora impraticabili sono state già esposte precedentemente nella premessa e consistono essenzialmente nell’impasse derivata dal disaccordo tra il Comune di Campiglia Marittima ed il Comitato Cittadino riguardo alle spese da affrontare per la CPI.
Per quanto riguarda l’impegno economico necessario alla riapertura, questo sarà definibile soltanto dopo che l’ufficio tecnico avrà potuto quantificare l’entità e l’opportunità dei lavori da effettuare per la messa a norma del capannone attualmente sede del museo.
Si ritiene che il “Museo della Civiltà del Lavoro” rappresenti un importante patrimonio culturale per la comunità, che deve essere adeguatamente valorizzato e promosso. L’intenzione è quindi quella di migliorare l’attuale offerta culturale, studiando attentamente una soluzione espositiva che sia la più adatta a dare il giusto risalto al materiale etnografico in questione. Dopodiché, l’idea è quella di inserire la mostra all’interno di un unico circuito museale comunale.