La giunta regionale prova a regolamentare la proliferazione di quelle lastre di silicio, fredde e squadrate quasi fossero scaraventate sulla terra da uno spazio siderale, che trasformano i raggi del sole in elettricità grazie a una tecnologia che solo 25 anni fa era fantascienza.
In particolare, gli assessorati all’ambiente, alla pianificazione del territorio e all’agricoltura vogliono frenare la tendenza a coprire i campi con pannelli fotovoltaici, moltiplicati grazie agli incentivi, suscitando appetiti imprenditoriali che hanno sottratto porzioni di campagna all’agricoltura e mutato i panorami. «Vorremmo salvaguardare il paesaggio rurale e l’agricoltura, indirizzando le installazioni di grandi impianti nelle aree urbanizzate o degradate», dice Anna Marson, assessore al governo del territorio, per illustrare la delibera d’indirizzo adottata dalla giunta regionale, di cui è firmataria assieme ai colleghi Gianni Salvadori (agricoltura) e Annarita Bramerini (ambiente).
La delibera limita la diffusione dei grandi impianti fotovoltaici (oltre i 200 kilowatt) nelle aree agricole, favorendo quelli di piccola (da 5 a 20 kw) e media dimensione (da 20 a 200 kw). E stila un elenco di aree non idonee, tra cui quelle inserite nel patrimonio mondiale dell’Unesco, oppure vincolate o d’interesse naturale, culturale e panoramico. Senza tralasciare quelle vocate alla produzione di olio e vino di pregio.
I dubbi. Ma se anche tutti si dicono d’accordo sull’esigenza di una regolamentazione, peraltro sulla scia delle linee guida nazionali sulle fonti di energia rinnovabile, i dubbi non mancano. A farsene portatore è Walter Picchi, assessore all’ambiente della Provincia di Pisa: «Quanto a produzione, siamo ben al di sotto delle previsioni del piano regionale: la soglia minima è di 300 megawatt, la massima si spinge fino a 700».
In altre parole, se i pannelli necessari a raggiungere la quota massima fossero disposti a cerchio, il raggio avrebbe una lunghezza di 8 chilometri. «Non è molto – aggiunge Picchi -. La delibera della giunta regionale mette un po’ d’ordine. Ma stabilire che solo gli imprenditori agricoli possono investire nel fotovoltaico per i fabbisogni energetici della propria azienda, limita la libera concorrenza. E poi – conclude – non dimentichiamoci che dietro all’energia verde c’è un’economia in crescita».
Il boom. Il mercato è in pieno sviluppo. In Italia, attesta l’osservatorio internazionale “iSuppli” (www.isuppli.com), nel 2010 il giro d’affari è raddoppiato rispetto all’anno precedente. Significativi i dati sulla potenza impiantata: 975 megawatt solo nel dicembre scorso, vale a dire il 100% in più rispetto all’ultimo trimestre dell’anno. E se allo stato attuale la potenza installata è stimata in 3 gigawatt, è prevedibile che a fine anno sia superata quota 3,9, per una crescita pari al 30%. A Pisa, nell’area dei Navicelli, il parco fotovoltaico realizzato da Toscana Energia green ha richiesto un investimento pari a dieci milioni di euro, per una potenza di 3,7 megawatt e una capacità produttiva di 5 milioni di kilowatt annui. Marco Braccini, vicepresidente di Toscana Energia, spiega che la convenienza del business è collegata al conto energia, che tuttavia nel corso del 2011 verrà ridimensionato. Ma quanto produce, in termini di profitto, un impianto come quello dei Navicelli, capace di captare i raggi solari con una pannellatura pari a 25mila metri quadrati? Secondo un calcolo per difetto, il guadagno non dovrebbe essere inferiore ai 500mila euro ogni 12 mesi.
La Maremma. Francesco Pugliese, direttore di “Solaria”, che opera nel fotovoltaico a terra soprattutto in Maremma, fa un rapido calcolo: un impianto da 200 kilowatt, soglia massima della media dimensione stabilita dalla giunta regionale, richiede un investimento da 6-700mila euro (Iva al 10% esclusa) che frutta un ricavo di 30/35mila euro all’anno. La convenienza è indiscutibile, soprattutto se si considera il risparmio in bolletta. Ma il fotovoltaico a terra, sostenuto dagli incentivi statali, nel Grossetano è stato pure identificato come uno strumento per evitare il definitivo spopolamento delle campagne. Fino a oggi remunerativo come un investimento capace di rendere il 7% annuo. Marco Sabatini, vicepresidente dell’amministrazione provinciale, ricorda che le zone rurali si spopolano al ritmo di 4-5 unità al giorno, finendo per gonfiare la popolazione del capoluogo. «Ecco, favorendo l’installazione dei pannelli nei campi – dice Sabatini – ancoriamo gli abitanti al loro territorio». Strategia rimessa in discussione dalla delibera della giunta regionale: «Nel giugno scorso abbiamo approvato il piano territoriale di coordinamento, stabilendo alcuni principi che in larga parte ricalcano quelli regionali. Ovvero: nessun problema per i tetti o le aree industriali degradate, come miniere o vecchie fabbriche dismesse. Certo è che dovremo rivedere i piani. Ma è una storia tutta italiana: prima s’incentiva il fotovoltaico, poi si emanano le linee guida».
Campi e officine. Qualcosa, dopo l’approvazione della delibera, andrà concertato. E stamani gli assessori all’ambiente delle province toscane s’incontreranno per mettere a punto una linea comune nei confronti della Regione. E Anna Marson ha voluto chiarire meglio il senso della delibera: «Nessuno può dirsi contrario alle energie rinnovabili. Il problema è che la loro incentivazione ha mosso grandi interessi finanziari sui terreni agricoli. E allora, perché non spostare gli impianti dai campi alle officine, usando i tetti dei capannoni industriali, commerciali e i parcheggi?». Insomma, nuove regole per tutelare il territorio, in attesa che la Regione definisca i criteri per il corretto inserimento paesaggistico di tutti gli impianti a energia rinnovabile.
ANTONIO VALENTINI
Più vincoli per i grandi impianti
L’assessore all’Ambiente Bramerini: dopo il boom degli ultimi anni sono indispensabili nuove regole, anche nel territorio toscano
FIRENZE. Dalla giunta regionale arriva una stretta per i grandi impianti fotovoltaici, oltre 200 kw, e regole che comunque limitano anche quelli più piccoli. E già da questa settimana sono all’esame norme analoghe per l’eolico. La proposta di delibera a firma degli assessori Annarita Bramerini (ambiente e energia), Anna Marson (urbanistica e territorio) e Gianni Salvadori (agricoltura) sarà nei prossimi giorni all’esame della 3ª commissione e 6ª commissione che, dopo le consultazioni con associazioni e enti locali, redigeranno il testo definitivo che andrà in consiglio. Una delibera imposta dal Governo che, con la disciplina unica nazionale sulle rinnovabili, ha chiesto alle Regioni di individuare i siti non idonei all’installazione di specifiche tecnologie di impianti.
Assessore Bramerini, cosa prevede la proposta della giunta?
«Intanto abbiamo dato i primi indirizzi per il fotovoltaico. Poi lavoreremo anche sulle altre rinnovabili, a partire dall’eolico. Vengono individuate quattro tipologie di impianti, da quelli piccoli fino a quelli oltre i 200 kw, e per ciascuna tipologia ci sono limiti più o meno forti all’installazione».
Quali sono questi limiti?
«Soprattutto vogliamo impedire che proliferino quelli di grandi dimensioni che, in molti casi, non sono costruiti da agricoltori che integrano il reddito dell’azienda, ma da grosse realtà industriali che prendono i terreni in affitto per vent’anni. E quindi no ai grandi impianti nei siti Unesco, in aree con vincoli paesaggistici, in quelle umide e in quelle a rischio esondazione, nei territori con Doc, Docg, Igt, Dop e Igp, anche nelle aree protette. In queste zone, però, sono possibili gli impianti più piccoli».
Ma ci sono eccezioni?
«Certo. I grandi impianti sono possibili in aree urbanizzate prive di valore culturale e paesaggistico, nelle aree degradate, nelle cave dismesse e anche nelle zone agricole, limitando però al minimo l’impatto. Possibili anche su tetti di capannoni in aree industriali».
Comuni e Province, che con le varianti urbanistiche contavano di avere ritorni sotto forma di Ici, cosa ne pensano?
«Con loro parleranno le commissioni, anche se ci sono già stati dei contatti. Troveremo una forma che riesca a mettere d’accordo la tutela del paesaggio e le loro aspettative. Ma dopo la corsa degli ultimi mesi, in cui le richieste sono state moltissime, qualche regola ci voleva. E non dimentichiamo che, in attesa della nostra delibera, è comunque in vigore la normativa nazionale».
Per l’eolico?
«Ci lavoriamo già da questi giorni. Seguiremo le stesse linee guida».
GUIDO FIORINI
Il Tirreno 10.1.2011