«Se non qui, dove?». A domandarselo è Lorenzo Partesotti di Solaris che ha redatto il progetto del grande campo eolico fra Venturina e Piombino, che replica alle posizioni critiche della lista «Comune dei Cittadini» e della Coldiretti.
«Entrambi pongono il problema che possiamo riassumere sotto la voce “consumo di territorio”. La questione, che pure riguarda altre fonti rinnovabili, nel caso dell’eolico è del tutto marginale, poiché le turbine “consumano” un pezzo di terreno di 50 metri per 50, mentre un impianto fotovoltaico per fare la stessa energia elettrica ha bisogno di una superficie nove volte maggiore. Siamo anche noi del parere che gli impianti da energia rinnovabile non debbano alterare l’uso del suolo, e, come dimostrato, rispettiamo questo principio.
Ma siamo anche convinti – incalza Partesotti -che questi impianti debbano concorrere all’integrazione del reddito agrario, anche per aiutare i coltivatori a rimanere sul proprio terreno. E certamente l’eolico dà un contributo in tal senso. I contratti che abbiamo sottoscritto con i coltivatori interessati prevedono che per la durata dell’impianto, prevista in 30 anni, venga corrisposta ai coltivatori interessati una somma di diversi milioni di euro a cui si debbono aggiungere una decina di milioni per i lavori civili su cui le ditte locali potranno attivamente operare.
C’è sempre pudore nell’esporre questi dati, poiché qualcuno può interpretarli in maniera malevola e presentarli quasi come elemento corruttivo. Noi lo pensiamo invece come ricaduta positiva sul territorio che ospita tale impianto in forma di integrazione del reddito delle famiglie coltivatrici, senza significativa alterazione delle capacità produttive di natura agricola e come lavoro per le nostre aziende.
Il “Comune dei Cittadini” solleva poi il problema di una diversa localizzazione dell’impianto nella zona delle cave di Campiglia. Monte Calvi è protetto (giustamente) da vincoli ambientali e da una zona di vincolo archeologico. In più la viabilità aggiuntiva, necessaria per il grande eolico, devasterebbe decine di ettari di bosco mediterraneo. Non ci sembra una grande idea.
Rimane, a nostro parere, la questione dell’impatto visivo, che è questione spesso molto soggettiva. Non vediamo nel territorio tra le aree industriali di Piombino e Venturina, quella “integrità paesaggistica” di cui parla la Coldiretti. Vediamo invece centinaia di tralicci, due linee ferroviarie, autostrade, viabilità minore diffusa e, su tutto, la centrale Enel e le ciminiere di Piombino. E’ troppo smaccatamente strumentale. Rimane quindi la domanda – iniziale – se non qui, dove ?».
La Nazione 22.02.2012
Le turbine eoliche non migliorano la qualità della vita agricola.
(Non porteranno la felicità nemmeno ai pochi agricoltori che sono d’accordo)
Fino a poco tempo fa, ideologi politici ed economici d’ogni tendenza riponevano le loro speranze nel progresso scientifico e nella tecnologia. Leggiamo: “La nuova tecnologia sembrava calzare come un guanto [al capitalismo basato sulla libera impresa] e garantire la rapida realizzazione dell’ideale dei filosofi utilitaristi, quello del ‘massimo bene per il massimo numero’. Perfino Marx ed Engels, con un orientamento politico radicalmente diverso, non vedevano altro che bene nella tecnologia”. — Encyclopædia Britannica
Sia il capitalista più intransigente che il comunista più rivoluzionario acclamarono la tecnologia come la chiave della futura felicità dell’uomo. Macchine nuove e migliori avrebbero eliminato il lavoro faticoso. Le ore di lavoro sarebbero state ridotte e ci sarebbe stato più tempo libero da dedicare a viaggi, istruzione e piaceri. Come poteva tutto questo non dare la felicità?
Oggigiorno l’ottimismo è un po’ calato. Ha la tecnologia creato tanti problemi quanti ne ha risolti, o forse di più?
L’opera di consultazione appena citata parla inoltre dei “difetti sociali del progresso tecnologico, come vittime del traffico automobilistico, inquinamento dell’aria e dell’acqua, sovraffollamento delle città ed eccessivo rumore”.
Menziona pure il serio problema della “tirannide tecnologica sull’individualità dell’uomo e sui tradizionali modelli di vita”.
Chi può oggi affermare seriamente che la tecnologia abbia migliorato la vita familiare, dato alle persone un lavoro soddisfacente o reso il mondo un luogo in cui sia più sicuro vivere?
È perciò innegabile che ci voglia qualcosa di meglio delle sue turbine eoliche per risolvere i problemi che affliggono l’agricoltura italiana.
In un suo libro (Religion and the Rise of Capitalism), R. H. Tawney denuncia l’“illusione di progresso che viene dal predominio sull’ambiente materiale di una razza troppo egoista e superficiale per determinare a che scopo saranno usati i suoi trionfi”.
Egli critica l’idea “che il conseguimento della ricchezza materiale sia il supremo obiettivo dell’attività umana e il criterio in base a cui valutare il successo umano”.
Per di più, ribadisce la necessità di “una scala dei valori . . . basata su qualche concezione delle esigenze della natura umana nel complesso, per cui la soddisfazione dei bisogni economici è evidentemente essenziale, ma che richiede anche la soddisfazione di altri bisogni”.
Perciò ritengo che la sua propaganda fatta in favore delle sue “amate” pale eoliche con risposta a Coldiretti, sia molto superficiale, forse un tantino egoista, e specialmente fuori tempo.